[…] Il 4 novembre 1980 Miguel Bosè è primo in classifica con “Olympic Games”, l'inno ufficiale delle Olimpiadi di Mosca. Una fascia rossa in testa, una canottiera, un paio di fuseaux bianchi a pallini rossi stretti stretti che gli si vede tutto, ha sbancato il
Festivalbar. La canzone l'ha scritta Toto Cutugno. Parla di “winners and losers”, vincitori e sconfitti, che nella vita c'è chi vince e c'è chi perde, si sa. Stavolta chi ha vinto s'è salvato e chi ha perso è sepolto. Ma a scavare così, con le mani, non ci fai niente. Ci vogliono i vigili del fuoco. Che però in Italia sono solo sedicimila e tengono in tutto sette elicotteri. Che ne avrebbero quattordici, ma la metà è sempre rotta, e perciò ne tengono sette. E ci vuole l’esercito, che a Pescopagano sono arrivati nella notte da Potenza e in poco tempo hanno tirato fuori dalle macerie tutti quelli ancora vivi. Ma negli altri posti fino a lunedì sera non si vede in giro una divisa. E paesi come Calabritto, Senerchia, Sanmichele di Serino, dovranno aspettare martedì per avere i primi soccorsi. E di Ricigliano pure la radio se ne dimentica, che non sarà nominato per giorni interi. Che qua si muore come si campa: dimenticati.
E dove pure c’è qualche soldato, sono arrivati là per caso, che manco le mappe gli hanno dato, che per trovare la strada hanno dovuto fermarsi a chiedere a ogni incrocio come fossero turisti.
Come quelli della divisione «Acqui», che alle dieci di martedì mattina arrivano alla caserma Berardi di Avellino, dove è stato messo il coordinamento dei soccorsi. Dopo tre ore che sono fermi, il capitano decide che ne ha abbastanza di sentire le urla di un piccoletto che non fa altro che gridare "via, via, andate da qualche parte, qua ingorgate!" e lo afferra per il bavero: "ma dove cazzo andiamo?". Poi qualcuno gli dice che sta strangolando il prefetto e allora si calma. Per la tristezza i soldati si mangiano metà delle razioni. Poi arriva un colonnello che li manda a Sant'Angelo, che là è l'inferno. Escono da Avellino alle tre, ma dopo venti chilometri un capitano dei carabinieri gli dice che a Sant'Angelo c'è già pieno di truppa: "Andate a San Mango, che c'è passato il piede del diavolo". Allora tornano indietro, ma la strada è tutta crepata e piena di sassi e i segnali stanno coricati per terra.
Prendono una stradina che sale, ma sulla carta non si capisce niente, gli ufficiali litigano, si insultano, si sono persi. Per la tristezza i soldati si mangiano l’altra metà delle razioni. Poi fanno manovra e tornano sulla strada di prima, che però ormai s’è fatto
buio ed è scesa pure la nebbia. Ma quando stanno per rinunciare trovano la strada giusta, che hanno visto per terra una scritta del Giro d’Italia: "Viva Moser a San Mango". Che le strade si trovano pure così, scritte per terra. Arrivano in paese che è mezzanotte. […]
testo estratto da: "Il Fulmine nella terra. Irpinia 1980" – Mirko Di Martino
(*) Il fulmine nella terra è uno spettacolo basato su articoli di giornale, testimonianze e documenti originali. Ricostruisce i primi giorni del sisma raccontando, a volte con ironia e a volte con crudezza, le storie delle vittime e dei soccorritori, i ritardi, l’impreparazione e gli errori dei soccorsi, ma è anche il racconto di un’epoca che sembra molto più lontana di quanto sia in realtà, attraverso le musiche, i film, la TV, l’Italia e l’Irpinia del 1980.