[Decretata la rinnovazione del ballottaggio, dissi: ora vado io là.]
[Fu spedito un corriere a Rocchetta di Sant'Antonio, la porta del mio collegio da quel lato. Doveva annunziare il mio arrivo, e consegnare una mia lettera al Sindaco. Chi fosse il Sindaco, non sapevo. Ma, conoscendo le piccole gelosie de' paesi, è stato sempre mio costume di indirizzarmi ai sindaci, come quello che rappresentano tutta la cittadinanza. Scriveva al Sindaco: «Vengo costà, diretto alla casa comunale, la casa di tutti, e voglio parlare a tutti gli elettori, senza distinzione. Ne dia avviso specialmente all’arciprete Piccolo, mia vecchia conoscenza». Alcuni non credettero vera la lettera. Nelle lotte elettorali tra gli altri bei costumi ci è falsar telegrammi e lettere. E proprio sua questa lettera? E mentre disputavano fu annunziata la mia carrozza. Allora si posero a cavallo tutti, e mi vennero incontro.]
[Alla voltata mi fu mostrato quello spettacolo. Gridavano: Viva! Mi salutavano con le mani, impazienti di stringer la mia. E la faccia mi raggiò, come se l'anima fosse scesa lì. Fra molta folla giunsi alla casa comunale, e mi feci presentare gli elettori ad uno ad uno. Strinsi la mano a parecchi, e tra gli altri Ippolito e Piccoli, che passavano per miei avversarli. Poi dissi così: «Saluto con viva commozione Rocchetta, la porta del mio collegio native. Il luogo dove son nato è Morra Irpino; ma la mia patria politica si stende da Rocchetta insino ad Aquilonia. Io vengo a rivendicare la patria mia.]
[Fu spedito un corriere a Rocchetta di Sant'Antonio, la porta del mio collegio da quel lato. Doveva annunziare il mio arrivo, e consegnare una mia lettera al Sindaco. Chi fosse il Sindaco, non sapevo. Ma, conoscendo le piccole gelosie de' paesi, è stato sempre mio costume di indirizzarmi ai sindaci, come quello che rappresentano tutta la cittadinanza. Scriveva al Sindaco: «Vengo costà, diretto alla casa comunale, la casa di tutti, e voglio parlare a tutti gli elettori, senza distinzione. Ne dia avviso specialmente all’arciprete Piccolo, mia vecchia conoscenza». Alcuni non credettero vera la lettera. Nelle lotte elettorali tra gli altri bei costumi ci è falsar telegrammi e lettere. E proprio sua questa lettera? E mentre disputavano fu annunziata la mia carrozza. Allora si posero a cavallo tutti, e mi vennero incontro.]
[Alla voltata mi fu mostrato quello spettacolo. Gridavano: Viva! Mi salutavano con le mani, impazienti di stringer la mia. E la faccia mi raggiò, come se l'anima fosse scesa lì. Fra molta folla giunsi alla casa comunale, e mi feci presentare gli elettori ad uno ad uno. Strinsi la mano a parecchi, e tra gli altri Ippolito e Piccoli, che passavano per miei avversarli. Poi dissi così: «Saluto con viva commozione Rocchetta, la porta del mio collegio native. Il luogo dove son nato è Morra Irpino; ma la mia patria politica si stende da Rocchetta insino ad Aquilonia. Io vengo a rivendicare la patria mia.]
[Dopo
un oblìo di quattordici anni, voi miei concittadini, travagliati da
lungo ed ostinato lavoro di parecchi candidati, avete all’ultima ora
improvvisata la mia candidatura, ed avete intorno al mio nome inalberata
la bandiera della moralità. Siate benedetti! E possa questa bandiera
esser principio di vita nuova! Voi mi avete data una maggioranza
notevole. Eppure quell'elezione gittò il tutto nell'anima mia. Io vi
avevo telegrafato: «Bravi gli elettori che intorno candidatura
improvvisata inalberarono bandiera moralità! Auguro a quella bandiera
strepitosa vittoria domenica». La domenica venne, la vittoria ci fu, e
mi parve una sconfitta. Non mi sapevo dar ragione di tanto accanimento
nella lotta, e del gran numero di voti contrarli, e di certe proteste
vergognose, che gittavano il disonore su questo sfortunato collegio. E
in verità vi dico, che se quell'elezione fosse stata convalidata, con
core sanguinante, ma deciso, vi avrei abbandonato. Ma benedissi quelle
proteste che indussero Giunta e Camera a decretare la rinnovazione del
ballottaggio.]
[Era in questione l'onor mio, l'onore dei miei elettori. Ed io dissi: fin' ora sono stato in Napoli spettatore quasi indifferente di quella lotta. Non debbo io fare qualche cosa per questi elettori? Non mi conoscono, sono involti in una rete di menzogne e di equivoci. Io ho pure il debito d'illuminarli, di dire la verità, di togliere ogni scusa agli uomini di mala fede. Ed eccomi qui in mezzo a voi, miei cari concittadini. Ed ecco la verità. Il Collegio è diviso in due partiti che lottano accanitamente, comuni contro comuni, cittadini contro cittadini ed io non sono qui che il prestanome delle vostre collere e delle vostre divisioni. È così che volete rendere la patria a Francesco De Sanctis? No, io non potrei essere mai deputato di un partito per schiacciare un altro partito; non posso essere lo scudo degli uni e il flagello degli altri; io voglio essere il deputato di tutti, voglio lasciare nella mia patria una memoria benedetta da tutti. Mi volete davvero? Volete che io passi gli ultimi miei anni in mezzo a voi? Stringete le destre, sia il mio nome simbolo della vostra unione. Ed io sarò vostro per tutta la vita».]
[La mattina girai un po' il paese. Faccie allegre e sincere, bella e forte gioventù. A destra, a sinistra, gruppi che mi salutavano. Volli vedere cantanti e sonatori, e dissi loro che volevo battezzare quel paese così allegro, e lo chiamai Rocchetta la poetica.]
[Giunse il sindaco di Lacedonia con parecchi altri. Si fece una soia cavalcata, e via a Lacedonia. Io mi sentivo purificato. Venuto con un disegno non ben chiaro, e con molta passione, alla vista dei miei concittadini non ci fu in me altro sentimento, che di riacquistar la mia patria. Essi m'avevano già conquistato; dovevo conquistar loro, guadagnarmi i loro cuori. E la cosa mi pareva facile. Rocchetta la poetica aveva trovato il motto dell'elezione. Nel partire, serrandosi intorno a me, gridavano: Tutti con tutti. Ed io, rapito, risposi: E uno con tutti.
[Era in questione l'onor mio, l'onore dei miei elettori. Ed io dissi: fin' ora sono stato in Napoli spettatore quasi indifferente di quella lotta. Non debbo io fare qualche cosa per questi elettori? Non mi conoscono, sono involti in una rete di menzogne e di equivoci. Io ho pure il debito d'illuminarli, di dire la verità, di togliere ogni scusa agli uomini di mala fede. Ed eccomi qui in mezzo a voi, miei cari concittadini. Ed ecco la verità. Il Collegio è diviso in due partiti che lottano accanitamente, comuni contro comuni, cittadini contro cittadini ed io non sono qui che il prestanome delle vostre collere e delle vostre divisioni. È così che volete rendere la patria a Francesco De Sanctis? No, io non potrei essere mai deputato di un partito per schiacciare un altro partito; non posso essere lo scudo degli uni e il flagello degli altri; io voglio essere il deputato di tutti, voglio lasciare nella mia patria una memoria benedetta da tutti. Mi volete davvero? Volete che io passi gli ultimi miei anni in mezzo a voi? Stringete le destre, sia il mio nome simbolo della vostra unione. Ed io sarò vostro per tutta la vita».]
[La mattina girai un po' il paese. Faccie allegre e sincere, bella e forte gioventù. A destra, a sinistra, gruppi che mi salutavano. Volli vedere cantanti e sonatori, e dissi loro che volevo battezzare quel paese così allegro, e lo chiamai Rocchetta la poetica.]
[Giunse il sindaco di Lacedonia con parecchi altri. Si fece una soia cavalcata, e via a Lacedonia. Io mi sentivo purificato. Venuto con un disegno non ben chiaro, e con molta passione, alla vista dei miei concittadini non ci fu in me altro sentimento, che di riacquistar la mia patria. Essi m'avevano già conquistato; dovevo conquistar loro, guadagnarmi i loro cuori. E la cosa mi pareva facile. Rocchetta la poetica aveva trovato il motto dell'elezione. Nel partire, serrandosi intorno a me, gridavano: Tutti con tutti. Ed io, rapito, risposi: E uno con tutti.
Era realtà?
Era poesia? In quel momento era realtà. Le mani si levarono. Pareva un
giuramento. Tutti ci sentivamo migliori.]
Nessun commento:
Posta un commento